Non ricordo un giorno della mia vita senza dolori.
Ricordo solo come mi sentivo, la fatica che facevo ad alzarmi al mattino e la difficoltà di spiegare al mondo intero cosa stesse accadendo al mio corpo.

Spesso mi capita di leggere testimonianze di altri fibromialgici e chiedermi: “Ma questo l’ho scritto io?”.
Negli anni ho capito che tutti noi fibromialgici diciamo le stesse cose, nello stesso modo. E’ una lingua tutta nostra che al resto del mondo risulta difficile da capire.

Il denominatore comune è l’incomprensione da parte di tutti.

Dei medici in primis che ci danno per spacciati fin dal primo giorno della diagnosi, pronunciando parole come cronica e incurabile, dei genitori che pensano siamo dei lavativi e degli inconcludenti, degli amici perché spesso prendiamo appuntamenti che non riusciamo a rispettare.

Si, perché la fibromialgia è imprevedibile: ha il potere e la forza di distruggere la vita delle persone.
Si rimbalza da uno studio medico all’altro augurandosi che sia l’ultima volta, sperando che il medico di turno possa darti almeno un sollievo momentaneo.
Purtroppo, a distanza di poco tempo, ti ritrovi a cercare un’altra soluzione perché ti rendi conto che la fibromialgia peggiora di giorno in giorno e di conseguenza i sintomi aumentano insieme a tanta rabbia e frustrazione.

Colpisce più di 4 milioni di persone in Italia

È un calvario senza fine che colpisce più di 4 milioni di persone solo in Italia e coinvolge familiari e parenti che non sanno come rendersi utili perché la fibromialgia è una malattia troppo complessa. Difficilissima da capire e gestire.

Ho deciso di rendere pubblica la mia storia proprio per dare sostegno a chi, come me, sta sopravvivendo con questa malattia.

Sono certa che unendo le forze si possa ottenere molto di più. Il mio sogno è che più medici possibili possano leggere questo libro, capire cosa consigliare ai loro pazienti e rendersi conto che le medicine non bastano per risolvere il problema.

Sono certa che la mia testimonianza sarà utile a molte persone.

La mia storia da Fibromialgica

A soli 3 anni cominciai ad avvertire i primi sintomi, lamentavo dolori a collo e schiena e forti bruciori alle articolazioni. Ricordo che mi bendavano polsi e caviglie con delle fasce fastidiosissime che diventavano dure come gesso e mi impedivano di muovermi in modo naturale.

Fibromialgia: dolore alle mani e ai polsi

A 10 anni ho vissuto in prima persona una scena piuttosto violenta che avrebbe traumatizzato qualsiasi bambina e da quel momento in poi i dolori sono aumentati notevolmente.

Iniziai ad avere una forte tachicardia e grandi paure.

Cominciai così un lungo iter da uno studio medico all’altro; la situazione peggiorava sempre di più con dolori diffusi in tutto il corpo, annebbiamento mentale, formicolii a braccia e gambe, stanchezza cronica, dita dei piedi completamente addormentate, stomaco sempre gonfio, insonnia, mal di testa invalidanti, secchezza delle mucose, mal di schiena e dolori al collo e a tutte le articolazioni.

Facevo un’enorme fatica a reggermi in piedi, la mandibola era dolorante e avevo difficoltà a mangiare perché mi capitava spesso di rimanere con la bocca aperta senza riuscire a chiuderla dal dolore.

Decisero di operarmi, si rese necessario un intervento maxillo-facciale per sistemare l’articolazione temporo-mandibolare.

Mi convinsi che l’operazione potesse essere la soluzione al mio malessere dal momento che mi avevano promesso che i dolori sarebbero scomparsi.
Sapevo che sarebbe stata molto invasiva e che avrei sofferto tanto ma, per me, sconfiggere quel dolore era la cosa più importante.

Come potete ben immaginare, l’intervento peggiorò solo la situazione.

La fibromialgia non si opera!

Erano dolori causati dalla malattia, non un problema all’articolazione e così, per alcuni anni, dovetti fare i conti con una Vittoria che non riconoscevo quando mi guardavo allo specchio.

I miei lineamenti erano completamente diversi, non mi piacevo, non mi accettavo, le persone non mi riconoscevano e io provavo una grande vergogna a farmi vedere con un viso nuovo.

Ero arrabbiata con me stessa perché non avevo risolto nulla, anzi. Avevo più dolori di prima perché ero stata sottoposta ad un intervento molto invasivo che mi aveva procurato solo danni fisici, psichici ed economici.

La mia situazione peggiorava sempre più, non credevo ci potesse essere una soluzione al mio problema e alla fine mi convinsi che il problema ero io.

Paradossale vero?

A soli 18 anni, dopo anni e anni di visite, un Professore di un Ospedale di Milano diede finalmente un nome alla mia malattia!
Lo ricordo come fosse ieri quando mi disse: “Lei è affetta da Fibromialgia, si tratta di una malattia cronica ed incurabile.”

Fibromialgia: la diagnosi

Mi propose di ricoverarmi per tre settimane e di sottopormi ad una terapia del dolore che consisteva in flebo, somministrate 24 ore su 24, per stordire il mio corpo e addormentare i dolori.

Dolori che sarebbero riemersi più violenti di prima una volta passato l’effetto dei farmaci.

Ricordo ancora l’espressione dipinta sul volto dei miei genitori, erano sconvolti.

Si opposero a questa soluzione estrema e per i successivi 10 anni tentai di tutto pur di stare meglio seguendo cure più leggere, ma nulla che potesse eliminare i sintomi che di giorno in giorno peggioravano sempre di più fino a costringermi a passare ore e ore a letto o sul divano perchè tutte le mie energie erano impiegate nella gestione e sopportazione dei dolori.

Dopo aver cercato per una vita intera di sostenere il mio corpo con rimedi naturali ed omeopatici, mi convinsi e rassegnai all’idea che solo gli psicofarmaci potessero aiutarmi.

Un fibromialgico sarebbe disposto a fare qualsiasi cosa pur di stare bene.

Iniziai così, per un anno e mezzo, ad intossicarmi assumendo pillole in dosi massicce.

Ero una zombie.
I miei pensieri erano offuscati, riuscivo a fare cose meccaniche ma facevo fatica ad elaborare un concetto perchè richiedeva troppe energie.
La mia situazione peggiorò drasticamente quando all’età di 30 anni rimasi incinta e decisi immediatamente di interrompere la cura di psicofarmaci.
Non ero cosciente del fatto che, di lì a due giorni, avrei provato l’astinenza da psicofarmaco (che non auguro a nessuno) unito al dramma della Fibromialgia.

Il mio bambino, in quel momento, era la cosa più importante della mia vita.
Era parte di me e io lo volevo a tutti i costi.

Presto mi ritrovai a fare i conti con quello che io descrivo come il periodo peggiore della mia vita.
Non sapevo più a chi chiedere aiuto, ero in cura da una psichiatra e una psicologa che non mi hanno mai aiutata a capire cosa potessi fare per stare bene.

La psichiatra si limitava ad aumentare le dosi dei farmaci ogni 15 gg e la psicologa non mi stimolava a lavorare profondamente su me stessa anzi, mi faceva parlare senza darmi soluzioni e dopo un’ora uscivo da quello studio più depressa di quando ero entrata.

fiocco viola fibromialgiaEntra a far parte del gruppo Facebook “Fibromialgia e Testimonianze”, clicca qui per accedere subito!

Decisi di mettermi in malattia ma al lavoro non dissi nulla, preferii raccontare che una brutta labirintite non mi permetteva di alzarmi dal letto.

Assurdo se ci ripenso ora, mi vergognavo a dire che ero fibromialgica e che la malattia mi aveva ridotta in quelle condizioni.

Come si fa a spiegare al mondo cosa si prova senza essere fraintesi?
Un fibromialgico sembra apparentemente sano, io in modo particolare sono sempre stata sorridente ed innamorata della vita.

Ecco perchè la fibromialgia viene definita la malattia invisibile, la fibromialgia c’è ma spesso non si vede.

E se non si vede come si fa a risultare credibili?
Ho indossato per anni una maschera che non mi apparteneva, richiedeva uno sforzo enorme.

Fingevo di stare bene e di essere felice. Poche persone in passato erano a conoscenza dei miei problemi. Avevo paura di risultare pesante e noiosa.
Così per anni, recitai una parte che non aveva nulla a che fare con la mia vita e con la vera Vittoria.

Gli attacchi di panico aumentavano a dismisura, crisi di nervi, rabbia, sbalzi di umore repentini, frustrazione, paura di non essere capita, paura di essere giudicata, paura di non farcela, paura di essere abbandonata.

Ero terrorizzata all’idea di rimanere da sola.

Superato il periodo di astinenza da psicofarmaci persi ogni tipo di speranza. Quasi al terzo mese di gravidanza persi il mio bimbo e dopo 3 mesi di malattia tornai al lavoro.

Mi licenziarono immediatamente dicendo che avevano bisogno di una persona sana su cui poter sempre contare. Anche la mia storia d’amore più bella ed importante si concluse dopo 6 meravigliosi anni nel peggiore dei modi.

Ero disperata.

Per i 2 anni successivi non feci nulla, mi flagellai e convinsi che probabilmente meritavo di vivere in quelle condizioni. Passavo ore su internet a cercare possibili soluzioni, finché un giorno trovai su Facebook Evelyn Carr e da quel momento in poi la mia vita cambiò radicalmente…

(Fine prima parte).

freccia-giuTrovi la seconda parte della mia storia cliccando qui.

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