Martina ci racconta la sua storia legata alla fibromialgia

Vittoria, innanzitutto grazie per permettermi di dare voce alla mia esperienza di vita e di cambiamento, insieme al mio percorso di coaching, così che possa essere di aiuto a tutti quelli che sono in cammino come me, o vogliono iniziare, ma hanno ancora un po’ di dubbi.

Cominciamo…

numero unoRaccontaci un po’ di te.

Ho 28 anni, sono di Milano, ma attualmente vivo a Oslo, in Norvegia, dove lavoro come cuoca in un ristorante americano. La mia vita qui, tra foreste e montagne, scorreva tranquilla (o almeno così credevo), finché a Settembre 2015 la Fibromialgia ha deciso di travolgermi come un uragano.

I primissimi sintomi sono stati:

  • il mal di schiena, anzi il bruciore costante alla zona lombare che mi impediva di sedermi, o stare troppo a lungo in piedi,
  • le gambe rigide e paralizzate, tanto che andare a fare la spesa mi era diventato impossibile,
  • l’annebbiamento del cervello, che mi impediva di leggere e studiare norvegese,
  • le vertigini con nausea connessa,
  • la perdita di memoria e di fluidita’ della parola,
  • la mancanza di orientamento nello spazio e la tachicardia.

Ogni giorno per 4 mesi, è comparso un sintomo diverso, a cui però non sapevo ancora dare un nome. I medici qui in Norvegia non mi credevano, pensavano fossi pazza.

Così dopo pianti, notti insonni e crisi di panico, ho deciso di tornare in Italia per trovare una risposta. Il 23 dicembre 2015, un reumatologo dell’Ospedale Sacco di Milano finalmente ha pronunciato il verdetto:

«Signorina, lei è fibromialgica con 18/18 tender point positivi; le consiglio di riprendere l’antidepressivo…ma perchè lo ha sospeso?»

Eh sì, pensavo fosse tutto finito e invece no. La fibromialgia è stato il culmine di una sofferenza iniziata 8 anni fa, chiamata anoressia.

Non potevo accettare ancora così tanto dolore, dovevo capire dove avevo sbagliato con me stessa in tutti questi anni e così ho trovato Vittoria.

Se vuoi approfondire leggi anche la storia di Sara: come sono guarita dall’anoressia

numero due Cosa ti ha spinta a chiamarmi e scegliere di lavorare con me?

Basta digitare su Google la parola Fibromialgia che ti escono tutta una sfilza di documenti, video e testimonianze.

Tra questi ho trovato quello di una ragazza sarda, Claudia Boi, che ringrazio infinitamente per la sua condivisione, che parlava di una certa Evelyn Carr guarita dalla malattia senza l’uso di farmaci e che ora stava guarendo altre persone.

Sono andata così a studiarmi il suo protocollo, il suo sito e alcuni suoi filmati in cui sei comparsa tu, Vittoria. Avevo bisogno di una persona che sapesse cosa fosse la sofferenza, il dolore e che non lo avesse studiato solo sui libri.

Ho trovato il tuo sito, la tua pagina Facebook e ti ho scritto un messaggio privato, nella speranza che mi rispondessi. Sentivo che non era la solita bufala e al primo incontro quando ho aperto Skype ne ho avuto la conferma.

sentirsi al sicuro

numero treCosa diresti della coaching via Skype a chi è scettico?

E’ la prima volta che mi affido ad una persona via Skype, mentre ho fatto per molti anni sedute a tu-per-tu con una psicologa. Onestamente, non ho mai messo in dubbio l’efficacia del lavoro tramite internet, perché sono convinta che ci siano molti altri modi per sentire la presenza di una persona, la sua vicinanza ai tuoi momenti di sconforto.

Per farvi capire, a me basta aprire il video e sentire «Martyyyyyyy», vedere un sorriso luminoso e sentire una voce squillante come quella di Vittoria, che il resto non conta; oppure quando lei mi dice «vedi Marty, anche a me è capitata questa cosa…», questa è condivisione, e poco importa se c’è uno schermo, avviene tutto in sintonia, in modo simultaneo e anche le emozioni lo sono.

Dipende tutto da con chi lavori e non necessariamente dallo strumento di cui ti servi per farlo.

numero quattroRiusciresti a spiegare la differenza tra un percorso con lo psicologo e ciò che abbiamo fatto insieme?

Come la coaching ha fatto la differenza nella tua vita?

Mi sono affidata a uno psicoterapeuta per 8 anni, prima in Ospedale e poi privatamente. Adoravo la mia psicologa, era davvero in gamba, ma se mi dovessi chiedere che cosa mi è rimasto del lavoro fatto in questi lunghi anni con lei, posso dirti ben poco.

La differenza tra un percorso psicoterapeutico e uno di life coaching la avverti subito: sin dalla prima seduta, il coach ti da degli strumenti pratici da usare nella vita quotidiana per far fronte al tuo problema e ti insegna a prendere concretamente coscienza dei tuoi atteggiamenti depotenzianti e delle tue conquiste attraverso i compiti, la scrittura libera-mente, i disegni, gli audio (mantra).

Il coaching ha proprio l’obiettivo di renderti indipendente con le strategie migliori per te.

A fare la differenza c’è anche un approccio completamente diverso al «paziente»: non esistono le categorie di nevrosi, disturbo bipolare, pensieri ossessivi compulsivi, ma piuttosto esiste una persona che ha bisogno di guarire la sua vita, non necessariamente un sintomo.

Viene data priorità all’anima, alla dimensione spirituale, al dialogo con se stessi, cosa che in un lavoro con lo psicologo sembra quasi bandito.

La coach cerca di tirare fuori la tua autenticità e non ad omologarti al modello di «normalità».

numero cinque Cosa ti è piaciuto di questo percorso?

Beh, di questo percorso mi è piaciuto fare tutto: ho imparato a dare sfogo alla mia creatività attraverso «la scatola degli attrezzi», le mappe e i cartelloni, a dare amore con i colori a cose che mi facevano paura, come i medicinali.

Ho riscoperto il piacere della scrittura e il dono di parlare con me stessa; la dimensione spirituale delle persone e degli eventi, che avevo messo da parte per lasciare posto alla diffidenza e allo scetticismo.

Ho imparato quanto sia potente il pensiero positivo, il lavoro di squadra e soprattutto ho imparato che accadono dei veri miracoli quando ti guardi per davvero allo specchio e ti sorridi, ti mandi amore, come se fossi la persona più bella e importante sulla terra.

numero6 Ci sono delle volte in cui sembra di essere punto e a capo. Ci racconti le sensazioni e ciò che fai per fare sempre meglio e raggiungere i tuoi obiettivi?

Questa domanda arriva proprio al momento giusto. Da circa un mese, mi sembra di non fare progressi, di rimanere ferma in un punto e non riuscire ad andare avanti, perchè non so come si fa.

La svolta, per me, rappresenta un salto nel vuoto che mi fa ancora tremendamente paura e così rimango in questo limbo, in cui però non trovo nulla di buono se non la solita vita, la solita Marty, la solita sofferenza.

Ho fatto molte conquiste, moltissime se ripenso a 5 mesi fa e se li paragono ai miei 28 anni, ma la strada è lunga e ogni giorno mi ripeto infinite volte che devo avere pazienza, che ci vuole tempo, che sto recuperando tutta la felicità persa; insomma mi «raddrizzo» sul mio percorso con frasi potenzianti, con la meditazione, con le video chiamate su Skype con Elsa (una ragazza del gruppo fibro), con la scrittura, con tutta me stessa, con quello che ho imparato e so che posso fare qui e ora.

Come ho detto la strada è lunga, ma meravigliosamente lunga, perché ogni volta che ho un momento libero, a casa, o al lavoro dico dentro di me «Cavolo, ma quanto sono fortunata! Io ho il coraggio di fare un percorso con cui riesco a conoscermi ogni giorno di più. Io ho la forza e la possibilità di essere felice».

martina: vivere la vita

Sembra scontato, ma più mi guardo intorno, più vedo persone che vivono e rincorrono qualcosa e che muoiono senza aver mai scoperto veramente chi fossero.

numero7 Come stai? Come sono cambiate le cose?

La risposta più sincera che ho da darti è «sto bene, con riserva», nel senso che sono serena nella mia routine quotidiana, sono più positiva e quelli che prima erano dolori invalidanti, adesso sono fastidi passeggeri che riesco a controllare e scacciare abbastanza facilmente.

Mi sento più protagonosta della mia vita e faccio attenzione ad ogni minimo segnale, a quello che di buono c’è per me, alle persone che incontro e a quelle che se ne vanno.

Ma molte cose sono ancora nella teoria; tu di dici sempre «Marty, ci vuole tempo perché ciò che hai imparato passi dalla mente ai muscoli», questa frase, nei momenti più difficili, me la ripeto spesso.

«Dalla mente, ai muscoli», nel senso che la consapevolezza, il perdono, il lasciare andare ciò che non mi serve più, a volte non sono così automatici, perché le paure di 27 anni sono ancora forti. Non mi dispero, non mi odio, non mi arrabbio, perché so che questo mi fa stare solo male.

Il mio obiettivo è farcela a tutti i costi, uscire dalla malattia, per riprendermi ciò che mi spetta e che ho ignorato per anni.

numero8 Quali sono secondo te gli ingredienti che non possono mancare quando si intraprende un percorso di crescita personale?

I cinque ingredienti che non possono mancare, secondo me sono:

  1. la forte motivazione che ti spinge ad iniziare e ad andare avanti con costanza e coraggio;
  2. la consapevolezza che il cammino della conoscenza di sè non è affatto facile, anzi tortuoso e faticoso, ma estremamente bello, utile e vincente;
  3. l’accettazione di  in un momento difficile della vita;
  4. l’accettazione che il passato è passato, è finito e mai più si può ripetere;
  5. la capacità di fidarsi e affidarsi al proprio coach e alle persone che ci amano, alla vita.

intervista a martina

In quest ultimo caso, ho ancora delle resistenze, nel senso che io mi fido ciecamente di Vittoria, mi piace lavorare con lei perché è tosta, competente e vera, così come mi fido delle persone a cui voglio bene, ma ciò che non è ancora chiaro nel mio cuore, o forse lo è, ma la mia mente lo rifiuta ancora, è l’affidarsi, perché per me rappresenta il vuoto, l’assenza di regole e certezze, dunque il nido delle mie paure più profonde.

In ogni caso, ci sto lavorando e ci lavoro finché non sono libera di farlo.

numero-9 Cosa senti di dire a chi ha paura del cambiamento?

Il cambiamento è un evento normale nella vita di tutti, ma capisco perfettamente che quando ci fermiamo a riflettere su cosa può comportare in un momento delicato della nostra esistenza, ci facciamo prendere dalla paura e dal panico.

Io stessa ero spaventata da questa parola e a volte, non nascondo, di esserlo ancora. Cambiare vuol dire lasciare alle spalle qualsiasi cosa, ogni evento, persona ed emozione riguardante il passato e che ormai non ci serve più, semplicemente perché ci ha dato e trasmesso ciò di cui avevamo bisogno per crescere.

Significa accettare che noi siamo migliori di quello che crediamo e soprattutto accettare che le malattie non arrivano per caso, ma per noi, per cambiare, per fare posto alla nostra vera persona.

La malattia è una maniera un po’ drastica del nostro corpo e dello spirito di dirci «ehi, è ora di darti una mossa, così non va più bene».

Io in prima persona mi faccio troppe paranoie sul cambiamento, ma l’anoressia, la fibromialgia, l’incontro con Vittoria e con altre meravigliose persone non sono un caso e allora seguo questa strada, che è quella del cambiamento.

La paura è solo nella tua testa, lavora su quella paura, sconfiggila e buttati.

momento felice

numero-10 Fai un saluto.

Spero che queste mia parole abbiano permesso, anche ad una sola persona tra milioni, di fare la differenza nella sua vita. Vi lascio con questa frase tratta dal film «Se scappi ti sposo» che ho rivisto pochi giorni fa per l’ennesima volta: Richard Gere, ad un certo punto dice a Julia Roberts:

«Io garantisco che ci saranno tempi duri, garantisco che a un certo punto uno di noi o tutti e due vorremmo farla finita, ma garantisco anche che se non ti chiedo di essere mia, lo rimpiangerò per tutta la vita, perché sento nel mio cuore che sei l’unica per me».

Ecco, l’altro giorno quando ho sentito queste parole, non ho pensato ad un uomo, ma a me, alla voglia che ho di essere me stessa e di avermi e mostrarmi così come sono per tutta la vita.

Ringrazio Martina per la sua testimonianza.

Ci tengo molto a ringraziare Martina per il lavoro eccellente svolto insieme in questi mesi; è una persona di una dolcezza infinita con una grande sofferenza alle spalle.

Nonostante questo è stata tra le 140 persone che ho toccato al mio seminario del coaching itinerante, quella più di ispirazione al cambiamento per tantissime persone che erano in sala.

Ha una forza d’animo incredibile, è propositiva e determinata in quello che fa. Tutto ciò ha fatto davvero la differenza nel lavoro svolto insieme: non è una persona che acquisisce soltanto la teoria e la conoscenza delle cose, ma mette in pratica quello che apprende ed è fondamentale quando si tratta di coaching.

La ringrazio tantissimo per essere stata un così grande esempio per tutti!

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