“Cos’è la Fibromialgia?

La Fibromialgia di mia madre è stato l’insegnamento più grande della mia vita. Le sono grata ogni giorno.”

Era il lontano 1998 ed io avevo solo 8 anni.

Ho cancellato, data la sofferenza provata, molti dei ricordi risalenti a quell’epoca, tuttavia alcuni mi accompagnano sempre.

Ricordo mia madre che da energica e sempre attiva iniziò ad accusare dolori muscolari lancinanti in tutto il corpo, stanchezza cronica e malesseri vari. Era come se un brutto mostro le avesse rubato tutta l’energia che aveva.

Lei diceva sempre, e dice tutt’ora, che è come se il suo intero corpo sia avvolto in una guaina strettissima che le impedisce di muoversi senza avere dolore.

Questa immagine mi faceva soffrire molto. Soffrivo in un modo strano.

La mia sofferenza giorno dopo giorno diventava rabbia.
Ero arrabbiata con la vita, con i medici, con i parenti e anche con la mia mamma.

Perché all’improvviso non era più la stessa?
Perché si sforzava di apparire normale ma la sua sofferenza traspariva in ogni gesto?

Perché per giocare con me era disposta a tollerare tanto dolore?
Perché i medici sapevano dire solo “è fibromialgia signora, è una malattia cronica e non si guarisce”?
Perché i parenti sapevano dire solo “sei stressata, riposati”?

Quel “sei stressata riposati” era la cosa che più mi mandava in bestia; mia mamma non era stressata, né tantomeno depressa, non lo era mai stata!

Era una mamma piena di vita, forse guardando indietro oggi era ed è una mamma che si fa carico dei problemi di tutti e vuole risolverli. Di certo però la parola depressa non le appartiene.

Quando sentivo i miei parenti dire quella frase non mi vergogno a dire che li odiavo profondamente; desideravo stessero altrettanto male perché potessero capire, volevo addirittura che morissero.

L’ho desiderato per tanto tempo. Nella mia mente e nel mio cuore di bambina se tutti loro fossero morti la mia mamma sarebbe stata salva.

Provo molta tenerezza se guardo alla bambina che ero.

arianna piccola e grande

Cercavo disperatamente una soluzione e la mia disperazione faceva sì che la colpa dovesse per forza essere di qualcuno. Ero così triste che avrei voluto morire anche io.

Sognavo di non svegliarmi più al mattino per non vedere mia mamma star male.

Sognavo che tutta quella sofferenza potesse sparire con la morte.

Ero ossessionata dalla morte e dalla malattia. Ci pensavo continuamente in un costante alternarsi di disprezzo e desiderio. La temevo e la invocavo. Quale carico enorme per una bambina così piccola. Ho fatto il meglio che ho potuto con ciò che avevo.

La rabbia mi ha salvata, mi ha dato l’energia necessaria per andare avanti. Ce l’avevo col mondo e ciò era il motivo che mi faceva andare avanti. Paradossale vero?… Eppure è stato così.

Nella mia vita la rabbia ha avuto un ruolo fondamentale.

È la rabbia che mi ha fatta vivere. A lungo è stata la mia strategia per sopravvivere e poi, canalizzandola, è stata la mia più grande alleata.

Gli anni passavano e, per la mia famiglia, che mia madre stesse male era ormai normale. Lei non è la tipa che si lamenta: ancora oggi lavora 10 ore al giorno e nonostante i dolori non si stanca di incoraggiare se stessa e gli altri.

Non tutti hanno la fortuna di conoscere degli eroi in vita.

Per me la donna che mi ha messa al mondo è l’eroe più grande che io conosca. È la dimostrazione di come una donna possa tutto: di come possa essere forte, coraggiosa e determinata nonostante le dure prove che la sua anima ha scelto di sperimentare in questa vita.

Tornando alla mia famiglia, col tempo i parenti hanno smesso di darsi pensiero… Era normale che mia madre stesse male, tanto la Fibromialgia è cronica e poi cos’è la Fibromialgia?

Mai nessuno che si sia dato pensiero per questo. Almeno a me così sembrava.

Oggi so che ognuno di loro ha fatto il meglio che ha potuto con i mezzi che aveva.

La malattia spiazza e non esistono reazioni giuste e sbagliate. Ognuno ha le sue.
Io mi sentivo sola, unico baluardo a cui mia madre poteva aggrapparsi.

Tuttavia nessun figlio può essere la salvezza di un genitore. Non è questo il compito di un figlio. Questo però l’ho capito molti anni dopo.

L’adolescenza è arrivata e la Fibromialgia continuava a mordere mia madre, più forte che mai. Intanto su di me si stendeva un velo grigio: un po’ come se tutti i colori sparissero dalla mia vita.

C’era un solo colore: il grigio. Una sola emozione, la rabbia incontrollabile.

Ero intrattabile, ingestibile, una palla di sofferenza che vagava distruggendo tutto, soprattutto me stessa.
Moralmente ero a pezzi, io sì che ero depressa.

Lo ero ogni giorno. Ho passato interi pomeriggi a letto ingozzandomi di nutella a luce spenta con la tv. Interi pomeriggi gettati via.

Era mia madre che confortava me ma io ero arrabbiata anche con lei. Abbiamo sempre avuto un bel rapporto, tuttavia non nascondo che a volte mi faceva davvero salire la rabbia. Non era difficile all’epoca 😉

Ero come una pentola che bolliva e bastava un niente perché l’acqua strabordasse.

Perché cavolo stava male di continuo? Perché non riusciva a dire di no? Perché aiutava tutti mettendosi sempre in secondo piano? Perché passava ore ad ascoltare le stronzate degli altri e nessuno ascoltava lei?

Com’era possibile che non sapesse dire basta? Perché non prendeva mai un pomeriggio per sé?
Tutto questo mi provocava astio, fastidio.

Infastidita era la parola giusta e giocavo anche alla maestrina; ogni tanto ci provo ancora nei giorni più bui ma ho imparato a frenare la lingua e ad ascoltarmi. Giocando alla maestrina dicevo a mia madre cosa avrebbe dovuto fare con i parenti, il lavoro e la sua vita.

Avevo 16 anni e credevo di conoscere la vita. In realtà ciò che volevo era alleviare la mia sofferenza.
Ho imparato che siamo mossi dall’egoismo, un sano egoismo.

Anche quando vogliamo salvare un’altra persona in realtà lo facciamo per noi stessi, per il nostro benessere. Oggi quando a volte, molto raramente, vorrei dire a mia madre cosa fare mi siedo, respiro e mi dico

“lei è la grande tu sei la piccola, lei sa cosa fare. Ognuno ha la sua vita. Lei è l’unica responsabile della sua vita. Puoi solo amarla ecco tutto”.

Non c’è verità più grande. Noi non possiamo salvare nessuno, possiamo solo amare le persone.
Amare le persone vuol dire amarle anche con la loro sofferenza.

La Fibromialgia di mia madre è stata la lezione più grande della mia vita.

Il dono più prezioso che io abbia ricevuto. Mi ha insegnato una cosa che non si impara in nessuna scuola se non in quella della vita. Noi non siamo responsabili per gli altri, non abbiamo il potere di salvare nessuno.

Ognuno di noi è grande nella vita che ha scelto. Non tocco la grandezza di mia madre permettendomi e arrogandomi il privilegio di poter mutare la sua vita. Solo lei può farlo e lo farà quando la sua anima lo vorrà.

Ho imparato che la nostra anima viene qui per sperimentare delle lezioni e il nostro corpo è un messaggero importantissimo delle nostre emozioni. Il corpo manifesta ciò che l’anima prova.

Chi sono io per cambiare la vita di mia madre?

Come se qualcuno pretendesse di cambiare la mia… sarebbe assurdo. La vita è un dono unico e ognuno di noi è al comando della sua. Quale fastidio deve aver provato mia madre nel sentirsi dire da tutti che cosa fosse meglio per lei, persino da sua figlia. Sò che nel suo grande amore di mamma mi avrà perdonata, tuttavia ancora se ci penso me ne dispiaccio.

Non è semplice stare a fianco di una persona che ha la fibromialgia, non è semplice stare al finaco di chiunque sia malato.

Non è semplice perché siamo noi a volerlo rendere complicato.

Siamo noi a volerci aggrappare alla volontà di poter guarire la persona perché anche la nostra sofferenza possa placarsi. Così non facciamo altro che alimentare la nostra frustrazione e quella della persona che amiamo.

Negli anni, entrando nel mondo della crescita personale, che è anche diventato il mio lavoro, essendo io una life coach, ho fatto i conti con i miei fantasmi: ho pianto, ho riso, ho lavorato su di me giorno e notte con infinite tecniche ed esercizi.

Ho guardato nel fondo della mia anima, ho provato paura, angoscia, disperazione, gioia, soddisfazione. Scavando scavando ho trovato l’unico rimedio universale: l’amore.

L’amore e la fiducia nella vita hanno trasformato le mie giornate. Col lavoro su di me i colori sono tornati nelle mie giornate, oggi sorrido sempre, canalizzo la mia rabbia in modi funzionali, lavoro con persone malate e con i loro familiari perché possano vivere al meglio questa opportunità.

arianna sorridente

Non possiamo cambiare il destino di una persona a noi cara ma possiamo amarla e questo vale molto di più. Chi è malato di Fibromialgia desidera sentirsi a casa, al sicuro, non ha bisogno di combattere né di guerre sante; ha bisogno di amore, ascolto e fiducia.

Se ne hai le palle piene e pensi di non poter amare di più guarda in fondo al tuo cuore, ritrova il bambino che eri, guarisci le sue ferite e lui ti insegnerà ad amare in un modo puro e vero, senza aspettative. Non ci sono colpe, solo esperienze.

Vuoi approfondire? Leggi anche “Le 6 più grandi verità sulla Fibromialgia, secondo Elsa” >

Tu e la persona a te vicina che presenta una serie infinita di sintomi, catalogati con pressapochismo da molti medici come Fibromialgia, siete legati da qualcosa di infinitamente più potente della malattia: l’amore.

L’amore non finisce mai.

Io pensavo di essere giunta al limite, di non poter amare più di così, pensavo che l’atto estremo di amore fosse immolarsi per trovare una soluzione alla malattia dell’altra persona.

Trovare quella soluzione significava anche poter star bene io.

Che carico enorme avevo scelto di portare sulle spalle.
Quanto ero lontana dalla verità.

Poi la soluzione vera è arrivata e ho fatto scivolare il carico giù dalle mie spalle.

Potevo amare in un modo molto più potente, accettando, accogliendo, togliendomi di dosso la responsabilità per i sintomi di un’altra persona.

In questo modo ho imparato a stare vicina a mia madre in un modo nuovo, senza farmi del male, senza aggrapparmi al risultato. Lei sa qual è il meglio per se stessa, la sua anima conosce la strada. Mi fido della sua grandezza.

Io penso alla mia vita ed è il dono più grande che ho ricevuto. Sono felice, imparo ogni giorno; quando lo sconforto arriva lo accolgo e ascolto il messaggio che porta con sé.

Ho smesso di caricare me stessa, gli altri, il mondo, di colpe e responsabilità.

Prendersi la responsabilità della propria vita e lasciare gli altri liberi di fare lo stesso è il più grande atto di amore.

Possiamo parlare con la persona fibromialgica di come ci sentiamo, della difficoltà che incontriamo ma non dimentichiamo di ascoltare anche cosa la persona ci dice, cosa la sua anima desidera. Non imponiamo le nostre soluzioni limitiamoci ad “amare”, che è la cosa più grande che possiamo fare.

Oggi vivo una vita meravigliosa nonostante, e anche grazie, alla malattia di mia madre, che mi ha insegnato a stare al mio posto, ad abbandonare i deliri di onnipotenza, le sindromi da crocerossina.

Io oggi sono grata a mia madre, a me stessa ed alla mia vita. Ho imparato così tanto in così pochi anni e in nessun altro modo sarei potuta arrivare a dove sono oggi se non avessi vissuto e vivessi tutt’ora quotidianamente l’esperienza della fibromialgia.

Infine, un grazie speciale a Vittoria per questa opportunità!

Grazie a te, Arianna!

Iscriviti alla mia newsletter compilando il form qui sotto, scarica l’ebook gratuito e rimani aggiornato su tutte le mie novità!