Il cambiamento è una condizione naturale e intrinseca dell’essere umano.
Spesso però affrontare la parola cambiamento genera non poche resistenze perché la persona tende a mantenere un’omeostasi generale che, per quanto disfunzionale possa essere, fornisce certezza e sicurezza.
Si sviluppa infatti resistenza non tanto per il cambiamento in sé, quanto per l’ignoto che nasconde; sappiamo cosa lasciamo ma non a cosa andiamo incontro.
Modificare la propria vita richiede un forte dispendio di energie, volontà e sacrificio perché il proprio sistema interno boicotterà spesso e volentieri ogni tentativo di cambiamento ed opererà per tornare al punto d’equilibrio originale.
Ecco di seguito le 7 resistenze più comuni al cambiamento.
Accettare la necessità di un cambiamento.
Questa è la prima resistenza da affrontare: capire ed accettare il bisogno di un cambiamento, soprattutto da parte di coloro che credono fortemente che il modo attuale di agire e di comportarsi funzioni bene così perché per molti anni lo hanno fatto in questo modo!
Le circostanze e le situazioni inaspettate in cui la vita ci fa imbattere hanno proprio lo scopo di spronarci ad operare cambiamenti nella nostra esistenza, situazioni che continueranno a riproporsi finchè non saremo disposti ad apportare modifiche al nostro sistema interno di credenze e convinzioni e ai nostri atteggiamenti.
Mantenere il controllo su tutto.
Per quanto cerchiamo di controllare il nostro mondo è bene comprendere che ci saranno sempre situazioni che non ci è dato modo di modificare.
Non cercate quindi di avere il controllo su tutto: non si può e ne trarreste solo malessere. Occorre assimilare e accettare l’idea che tutto ha una fine, è normale e fa parte della vita.
Tutto cambia, tutto scorre, tutto si reinventa. Noi stessi cresciamo, maturiamo, invecchiamo e moriamo: è l’ordine naturale delle cose, non si può arrestarlo né modificarlo, lo si può solamente accettare con serenità!
Timore dell’ignoto.
È incredibile l’energia che si spreca nell’ostinarsi a restare dove per noi non c’è più posto o in una situazione per noi insoddisfacente e gravosa solo per il timore dell’ignoto.
È come aggrapparsi ad un sasso in mezzo ad un fiume cercando di resistere alla potenza della corrente; quanta forza stiamo utilizzando inutilmente anziché lasciarci trasportare dal flusso naturale degli eventi?
Quando una porta si chiude è inutile sforzarsi di riaprirla; rasserenatevi e vedrete che ne aprirete un’altra molto più sicura e promettente. E sarà migliore perché voi la renderete tale, perché le precedenti tappe vi avranno insegnato qualcosa, avrete tratto le vostre conclusioni e sarete maturati e cresciuti come persone.
Paura della paura.
Esistono due tipi di paure: la paura che ti protegge e la paura che ti blocca.
La prima ti salva la vita, la seconda ti fa perdere delle opportunità. Ogni volta che decidiamo di metterci in gioco la paura più grande è quella di fallire ogni tentativo di cambiamento: questa è la paura che ci fa restare bloccati, ci convinciamo che è meglio stare fermi.
Molto spesso non ci rendiamo conto che siamo intrappolati nella nostra stessa gabbia. L’abbiamo costruita noi, attraverso il nostro vissuto e le nostre convinzioni e non riusciamo più ad uscirne.
Leggi anche l’articolo di Alessandro: perché la libertà inizia quando finisce la zona di comfort?
Se desideriamo veramente superare una paura, qualsiasi essa sia, dobbiamo inevitabilmente accoglierla come si farebbe con un ospite fastidioso ma necessario. L’accettazione è il primo passo.
Questo vuol dire ammettere intanto di avere una paura, ma anche cercare di comprenderla, che non significa cercare di capirla con la mente, ossia razionalmente.
Comprendere vuol dire prenderla dentro di noi, dando alla paura la possibilità di esserci, di esistere. Sento quella paura e le faccio spazio dentro di me, così da consentirle di svolgere la sua funzione, ma allo stesso tempo la conosco per capire meglio chi sono io, perché la paura rivela aspetti di noi di cui spesso non siamo consapevoli.
La paura è vero che ci protegge da esperienze che minacciano un equilibrio che non siamo ancora pronti a lasciar andare, ma allo stesso tempo erige intorno a noi un muro invisibile: più grande e invasiva è la paura, più alto è il muro e angusto lo spazio interno che comunica con il mondo esterno.
Insomma una prigione.
Anche in questo caso è inutile sprecare un mare di energia per cercare di eliminare le paure; le paure non si eliminano, si impara ad accettarle e conviverci.
Paura e dolore sono dei grandi maestri se si impara ad averci a che fare. Paura chiama coraggio. Accettiamo l’idea che non avremo mai abbastanza esperienza per buttarci con sicurezza. La vita è rischio e richiede coraggio. Qualunque sia il nostro desiderio, dobbiamo iniziare adesso.
Non c’è un momento giusto da aspettare, né è necessario avere più esperienza per fare il prossimo passo. Se aspettiamo di sentirci pronti, potremmo aspettare troppo a lungo.
Dipendenza affettiva e solitudine.
Spesso sentiamo dentro di noi un vuoto che non riusciamo a colmare e cerchiamo in un’altra persona quelle attenzioni che dovremmo essere in grado di dare a noi stessi.
Il segreto più grande è amare!
Attenzione, non ho detto essere amati. Intendo dire che bisogna agire sempre con amore: l’amore è energia, è apertura del cuore, è uno stato, è una condizione dentro di me che si dilata continuamente e genera sempre amore.
L’amore non è la pretesa che qualcuno mi ami perché solo così io mi sento al sicuro e al riparo dalla paura di stare terribilmente solo con me stesso; il possesso dell’altro non è amore.
Amare necessita la capacità non solo di amare la propria vita ma poter sostenere anche un sentimento di solitudine; se nei momenti in cui sono solo mi percepisco disperato è chiaro che mi devo attaccare all’altro che a questo punto diventa una stampella, una struttura esterna che mi sorregge.
Se io amo la mia vita e me stesso allora comprendo che la solitudine non è gravosa, non è qualcosa che subisco, bensì è una solitudine attiva, propositiva, anzi, è proprio nei momenti di solitudine che io ritrovo finalmente me stesso.
E allora capisco e comprendo che stare insieme a qualcun altro non è un tentativo di fuggire da me, ma è un condividere me stesso con l’altro per la mia e la sua crescita.
Libertà, solitudine, amore: sono tre parole legate tra di loro. L’amore esige la libertà e la libertà esige la capacità di percorrere questa vita anche in certi momenti stando da soli, sapendo che la mia tensione è sempre un andare verso l’altro, ma che ci possono essere momenti in cui questa possibilità non mi è stata data o questa possibilità non è in qualche modo possibile.
Non per questo la mia vita tende a franare, non per questo cado nel baratro della disperazione, non per questo quella situazione diventa il buio della mia anima, anzi prendo quell’esperienza come qualcosa di necessario.
Tutto è perfetto: se in un evento anche doloroso colgo che cosa posso apprendere da quell’esperienza anche quell’evento è perfetto, tutto si addice alla mia vita!
Se da quell’esperienza negativa colgo l’occasione per esaminare dentro di me qualcosa che può essere migliorato, ben comprendendo che la realtà esterna è anche specchio di qualcosa che sono io, perché non è casuale che mi accadano esperienze negative, probabilmente potrei averle anch’io cocreate, ecco che allora tutto è perfetto, tutto è utile e funzionale alla mia crescita.
Mancanza di autostima, senso di colpa, amore di sé.
Siamo convinti di non farcela da soli: questa è una delle convinzioni più diffuse e una delle più errate. In ognuno di noi esiste una forza che chiede solo di poter emergere!
La mancanza di autostima può portare spesso a provare sensi di colpa soprattutto per chi ha imparato a non dover essere troppo indulgente con se stesso. È una specie di senso di colpa autoimposto che porta la persona a rimanere immobilizzata dal dolore e dalla sofferenza che si auto infligge come punizione per aver commesso azioni che violano un sistema di valori che egli stesso si è dato.
Spesso si sceglie, più o meno consapevolmente, il senso di colpa come compromesso di resistenza al cambiamento; investendo infatti il proprio tempo nel sentirsi colpevoli non si ha modo di impegnarsi in un processo di cambiamento dei propri valori e comportamenti; in più, sentirsi rammaricati può essere un buon modo per ricevere l’approvazione degli altri.
Penso che qualsiasi cambiamento reale non possa mai prescindere dall’amore per sé!!
Occorre avere un’intenzione profonda di darsi la possibilità di amare se stessi, cioè di riaprire il cuore rispetto a quella che in inglese si chiama self-compassion, vale dire un’attenzione amorevole verso di te e l’intenzione di volerti prendere cura di te.
Si tratta di mettere in atto un atto egoistico di amore verso se stessi, rendersi conto che fino ad ora si è lasciato che fossero gli altri ad avere il potere ed il controllo della nostra vita o che fossero gli eventi, le cose che ci sono accadute o quello che abbiamo vissuto ad avere potere su di noi; occorre quindi prendere la decisione di lasciare andare le immagini e le convinzioni del passato e prendere la decisione di essere amorevoli con se stessi e mai aspettarsi che lo faccia qualcun altro.
Non assumersi le proprie responsabilità, vittimismo.
Ci pensate mai a quanto spesso ci lamentiamo o diamo la colpa ad altre persone del nostro malessere!?
Incolpare gli altri o gli eventi di tutti i mali di cui soffriamo finisce solo per alimentare sentimenti molto negativi, come rancore e rabbia. Non ci sentiamo responsabili di nulla e quindi non ci resta che lamentarci assumendo il ruolo di “povere vittime”, riuscendo così ad attirare anche l’attenzione degli altri.
È davvero importante non drammatizzare mai, non cadere mai dentro quella spirale vittimistica, non lagnarsi mai, perché lamentarsi significa attribuire sempre la responsabilità del mio stare bene o stare male all’esterno, è un po’ come una sorta di felicità condizionata, come se la felicità dipendesse da ciò che sta fuori di me.
È importante capire che la felicità non è augurarsi che mi accadano sempre cose migliori perché anche le cose più gravi nella vita dovranno accadere prima o poi.
Non dobbiamo sentirci fortunati solo se ci accadono cose positive, ma siamo fortunati in quanto la nostra tensione è quella di migliorarci sempre arrivando a fare della nostra vita un’opera d’arte, permettendoci così di vivere le esperienze positive come quelle negative con un atteggiamento di dono perché rappresentano quel tutto perfetto che ci mette al cospetto della vita con un atteggiamento che in qualche modo l’arricchisce sempre.
Mettiamoci fin da subito nell’ottica che il cambiamento è un momento di caos, è preceduto sempre da una crisi più o meno forte perché si tratta di destrutturare e riorganizzare il proprio io, la propria personalità sulla base di nuove convinzioni.
Prendere coscienza dei propri errori o dei propri difetti di carattere è la premessa per assumersi le proprie responsabilità e rimboccarsi le maniche. Quando si nega la realtà e non la si accetta, il cambiamento non avviene e la realtà si blocca nel grigiore, nel dolore e nella tristezza.
La realtà si accetta soltanto quando diventiamo responsabili!
L’accettazione è il più grande segreto per eliminare immediatamente la sofferenza che è causata proprio dalla lotta, dalla resistenza, dalle lamentele, dal vittimismo, appunto dalla non accettazione della realtà e quindi del cambiamento.
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Ottimi spunti di riflessione.
[…] il cambiamento richiede impegno e costanza, ma ti garantisco che tutto si può apprendere ma si deve sentire, è un qualcosa che deve passare […]
[…] dire scrollarsi di dosso le convenzioni e le credenze che non ci appartengono e che ci soffocano; vuol dire costruire rapporti autentici con gli altri […]