Come dovrebbe essere comunicata una diagnosi di Fibromialgia? In questo articolo Elsa Veniani risponderà a questa domanda, lasciando qualche riflessione preziosa sul peso che hanno le parole nella vita di ogni persona.

<<Probabilmente non ci pensiamo mai, ma le parole rappresentano molto di più di un semplice strumento di comunicazione.

Ogni parola è impregnata delle emozioni e della sensibilità di chi la pronuncia e al contempo diviene simbolo che si trasforma in suono in grado di veicolare concetti che vanno ad influire in maniera determinante sullo stato d’animo ed emotivo di chi le riceve.

Le parole quindi hanno una loro energia intrinseca in base al significato che rilasciano, ma il modo in cui vengono proferite, i gesti con cui vengono accompagnate, il tono che utilizziamo per rivolgerle agli altri possono modificare in modo notevole il senso che la parola porta con sé.

Può sembrare un discorso un po’ astratto, ma sono certa che chi ha ricevuto una diagnosi di Fibromialgia possa ben comprendere a cosa mi riferisco.

“Lei ha la Fibromialgia, malattia cronica, incurabile, che tende a peggiorare”: queste sono le esatte parole che mi sono state rivolte dopo una visita dal reumatologo e vi garantisco che sentirsele pronunciare è stato come essere letteralmente schiacciata da un macigno.

Le parole dunque hanno un peso, un peso enorme!

Questa frase è stata per me talmente devastante a livello psichico ed emotivo da farmi arrivare ad esprimere la forte convinzione che, nel caso di una patologia che non conduce alla morte come può essere la fibromialgia, uccide più la diagnosi che non la malattia in sé.

Diagnosi che risuonano dunque come sentenze senza appello alcuno e che lasciano il paziente senza speranza. Ed è proprio la mancanza di uno spiraglio di luce dentro a un tunnel completamente buio, in cui proprio quei termini così duri e perentori conducono, a far credere a chi le riceve che quella diagnosi rappresenti una verità assoluta e incontestabile. 

Come cambiare prospettiva dopo la diagnosi di Fibromialgia

Dobbiamo incominciare a cambiare prospettiva e a renderci conto che la definizione che viene data della Fibromialgia come “malattia cronica, incurabile, che tende a peggiorare” appartiene al mondo della medicina ufficiale che, quanto meno nel mondo occidentale in cui viviamo, si occupa prettamente del corpo in una maniera così specifica e settorializzata da aver dimenticato, a mio avviso, la visione d’insieme.

missili comunicazione

Perché non viene mai preso in considerazione il ruolo che la mente, le emozioni e l’Anima hanno nel viaggio che siamo chiamati a vivere attraverso una malattia?

Perché nel comunicare una diagnosi di una patologia ci si limita a darne una definizione solo in relazione a ciò che accade rispetto al nostro corpo fisico?

Se la medicina non è in grado di intervenire per risolvere una problematica corporea mediante un farmaco, un intervento o un trattamento, la malattia in corso viene definita incurabile.

Ma incurabile per chi? Per quale piano di coscienza?

L’importanza delle parole empatiche

Mi piacerebbe che ogni medico potesse accompagnare la diagnosi con parole empatiche, che siano in grado di offrire supporto e sostegno, che siano intrise di fiducia nella vita nonostante tutto e che possano rappresentare per il malato dei semi per coltivare nuove motivazioni per poter andare oltre la malattia.

Del resto ci sono illustri Professori che hanno dimostrato e testimoniato l’importanza delle suggestioni verbali positive nel processo di cura; cito a tal proposito Fabrizio Benedetti, professore di Fisiologia Umana e Neurofisiologia all’Università di Torino, autore di uno splendido libro: “La speranza è un farmaco”.

Le parole innescano gli stessi meccanismi dei farmaci, e in questo modo si trasformano da suoni e simboli astratti in vere e proprie armi che modificano il cervello e il corpo di chi soffre. È questo il concetto chiave che sta emergendo, e recenti scoperte lo dimostrano: le parole attivano le stesse vie biochimiche di farmaci come la morfina e l’aspirina”.

Le parole hanno quindi un potere molto più grande di quello che pensiamo.

Ritengo sia veramente utile non limitarsi a comunicare la diagnosi al paziente, bensì spiegare attentamente al malato quali siano le cure possibili o gli interventi necessari utilizzando parole adeguate che nutrano le sue aspettative di beneficio e che lo aiutino ad avere un atteggiamento attivo e propositivo rispetto alla malattia.

Ricordo che il neurologo aggiunse, dopo la comunicazione della mia diagnosi di Fibromialgia, questa frase: “non conosciamo le cause di questa malattia ma per ora sembrano funzionare antidepressivi e antidolorifici”. 

silenzio non parlare

Ebbene, l’assunzione di questa tipologia di farmaci non ha mai prodotto nel mio corpo il benchè minimo sollievo e io sono assolutamente certa che l’uso del verbo “sembrano funzionare”, anziché “funzionano”, abbia influito in maniera determinante sul loro eventuale effetto proprio perché quella locuzione ha insinuato un dubbio nella loro efficacia.

Il fatto che sembravano poter funzionare significava per me che ci fosse anche la possibilità che non agissero alcun beneficio, ragion per cui ne ho interrotto l’assunzione entro brevissimo tempo.

Se vogliamo quindi andare oltre la malattia per guadagnare una nuova prospettiva dobbiamo partire innanzitutto dalle parole.

Sono state proprio queste riflessioni a condurmi alla scrittura del mio nuovo libro “Relazione medico-paziente, Curarsi è una scelta” (Anima Edizioni).

Lo trovi disponibile su Amazon, cliccando qui o sulla foto qui sotto.relazione-medico-paziente

Credo che le parole abbiano un ruolo talmente importante in un processo di cura da aver scelto di dedicare un intero capitolo in merito; andando ad indagare l’etimologia delle parole mi sono divertita a scovare significati nascosti che possono aprire orizzonti davvero inaspettati rispetto alla malattia e ai termini con cui ci viene diagnosticata.

Ne parleremo durante la Presentazione del libro che si terrà il 03/09/22, alle ore 16.00, a Valmadrera (LC), presso la sala auditorium del Centro Culturale Fatebenefratelli.>> 

Per maggiori informazioni sull’evento vi invito a contattare Elsa Veniani direttamente su Facebook, cliccando qui o sul banner qui sotto!

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